Informazione ambientale e diritto d’accesso

Sommario: 1. Introduzione; 2. L’importanza strategica dell’informazione ambientale; 3. Informazione ambientale e governance; 4.  L’informazione ambientale nella Convenzione di Aarhus; 5. Le disposizioni comunitarie sull’informazione ambientale; 6. La direttiva INSPIRE; 7. Il dato ambientale nel codice dell’amministrazione digitale; 8. L’art. 59 del CAD sull’informazione ambientale; 9. L’importanza della de materializzazione del patrimonio informativo pubblico; 10. Criticità legate al diritto d’accesso; 11. Conclusioni. 

1. – Introduzione

Quando si parla di informazione ambientale si fa riferimento alle moderne tecnologie GIS e alla loro applicazione nello studio del territorio e dell’ambiente. Nel corso degli ultimi anni, con lo sviluppo dei cosiddetti Sistemi informativi geografici – GIS (Geographic Information System), le applicazioni della geomatica, ovvero della disciplina che integra lo studio del territorio e dell’ambiente con l’informatica, raccolgono l’interesse di un pubblico sempre più vasto, non costituito solo dai tecnici del settore.

I GIS, introdotti tra gli anni ‘80 e ‘90, rappresentano la componente innovativa, sia dal lato tecnologico/informatico che dal lato metodologico/informativo, della raccolta, dell’organizzazione e dell’utilizzo delle informazioni legate al territorio; e impiegano un insieme di procedure e software per memorizzare, aggiornare, analizzare e visualizzare ogni tipo di dato geograficamente referenziabile.

La particolarità dei sistemi informativi geografici consiste nel fatto che i dati, oltre ad avere una definizione qualitativa e/o quantitativa intrinseca, sono anche collocati spazialmente, cioè definiti con affidabilità nella loro posizione rispetto ad un sistema di riferimento unificato. Ciò rende i GIS potenzialmente in grado di correlare informazioni di vario tipo secondo logiche flessibili e adattabili alle specifiche esigenze dell’utente.

Le nuove tecnologie consentono, pertanto, elaborazioni complesse dei dati e delle informazioni, la loro integrazione e interpretazione e la restituzione in forma grafica e simbolica, su carte tematiche del territorio, dei risultati ottenuti.

2. – L’importanza strategica dell’informazione ambientale

Per queste ragioni le moderne tecnologie GIS sono diventate uno strumento indispensabile, perché hanno allargato esponenzialmente le possibilità d’impiego dei dati geografici, con un conseguente aumento dell’importanza, anche strategica, di tale tipo d’informazione che si presenta come essenziale per tutte le politiche connesse alla gestione del territorio.

La possibilità di disporre di un tale patrimonio informativo, e di modelli digitalizzati del territorio, è, infatti, fondamentale per realizzare analisi ambientali sui territori, finalizzate all’implementazione di programmi di miglioramento, ad esempio nel campo della tutela ambientale o dell’agricoltura e dello sviluppo rurale o ancora della gestione dei rifiuti.

In base alle finalità, si possono identificare diverse tipologie di studi quali quelli mirati: alla mappatura d’indicatori ambientali ivi comprese le variabili legate alla manifestazione di fenomeni metereologici, fisici e geologici; alla stima delle esposizioni degli individui a fattori inquinanti; all’identificazione dei cluster di fenomeni ambientali; alla pianificazione di rilevazioni campionarie e definizione di reti di monitoraggio ambientale.

3. – Informazione ambientale e governance

L’importanza crescente dell’informazione ambientale si lega a diversi fattori strettamente correlati tra loro e riconducibili in varia misura, oltre che alla complessità posta dalle questioni che riguardano l’ambiente e la sostenibilità dello sviluppo, ai mutamenti del quadro istituzionale.

L’attenzione verso questi temi si può collocare all’interno del più ampio processo di evoluzione dei concetti di government e di governance, in risposta ad un deficit attuativo delle politiche pubbliche, che ha lasciato emergere la necessità di innovazione dei modelli di governo e di riforma della pubblica amministrazione.

La ricerca della governance, in particolare, rivela un cambiamento nella comprensione dei concetti di governo e amministrazione, che si basa su forme d’interazione e coordinamento dell’azione politica tra Stato e società. Questo nuovo modo di intendere il potere statale, che dà rilievo alla sua funzione di garanzia, richiede una maggiore attenzione al coinvolgimento dell’opinione pubblica, quale soggetto partecipante all’organizzazione e al controllo, come uno dei fattori che assicurano la legittimazione. E, per far fronte alle esigenze di rafforzamento della partecipazione alla vita delle istituzioni, della comunicazione, del dialogo sociale, diventa sempre più urgente predisporre condizioni che favoriscano la maggiore apertura al contributo propositivo dei cittadini, singoli e associati.

L’informazione ambientale diventa, così, strumento della partecipazione, e ruota intorno a due elementi fondamentali: l’attività di pianificazione e governo del territorio e la tutela del diritto dei cittadini ad accedere a questo tipo d’informazione al fine di adottare comportamenti collaborativi, condividere le decisioni pubbliche, controllare i risultati dell’attività amministrativa.

4. – L’informazione ambientale nella Convenzione di Aarhus

Nell’ordinamento internazionale, l’espresso riconoscimento del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale è avvenuto con la Convenzione di Aarhus del 1998, che ha sancito due principi fondamentali.

Da un lato, ha proposto una concezione rinnovata dell’ambiente frutto della consapevolezza che un’efficace tutela ambientale deve garantire ad ogni persona l’esercizio del diritto di «vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere» (art. 1).

Dall’altro lato, ha sancito, all’art. 5, la necessità che l’informazione ambientale sia resa disponibile e fruibile in modalità elettronica.

L’espresso riconoscimento del diritto di accesso all’informazione ambientale si configura, in tal modo, come una pretesa giuridicamente tutelata, rispetto alla quale le autorità pubbliche che detengono i dati hanno l’obbligo di erogare un servizio, fruibile in rete.

Questo principio è stato, peraltro, confermato da una sentenza del 2013 della Corte di giustizia delle Comunità europee che, richiamando la Convenzione di Aarhus, ha stabilito che in un procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione per una discarica è necessario che il pubblico interessato possa prendere visione dei documenti fin dal momento in cui tutte le possibili opzioni sono ancora praticabili.

Secondo la Corte, le norme contenute nella Convenzione devono essere interpretate nel senso che le autorità nazionali competenti non possono impedire l’accesso a una decisione rilevante ai fini del rilascio dell’autorizzazione adducendo motivi di riservatezza commerciale o industriale.

E qualsiasi eventuale violazione del diritto d’accesso potrebbe anche essere sanata nel secondo grado del procedimento amministrativo, purché in tale stadio il pubblico interessato possa ancora esercitare un’influenza effettiva sulla decisione finale; in caso contrario, la violazione comporta l’annullamento dell’intero procedimento.

5. – Le disposizioni comunitarie sull’informazione ambientale

In seguito alla Convenzione di Aarhus, l’informazione ambientale ha assunto un ruolo primario nell’agenda delle politiche comunitarie e nazionali.In ambito europeo, la direttiva CE n. 2003/4, all’art. 2, ne ha fornito una definizione, identificandola come «qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale», che sia relativa allo stato degli elementi, ai fattori che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, alle politiche e agli accordi in materia ambientale, alle relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, o allo stato della salute e sicurezza umana.

La direttiva ha fissato per gli Stati membri dell’UE due obiettivi: garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse, stabilendo i termini e le condizioni per il suo esercizio; garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia disponibilità.

Sono state, così, individuate due fasi di gestione del diritto all’informazione ambientale. Una prima fase caratterizzata dalla necessità di raccolta, selezione ed elaborazione dei dati da parte dell’amministrazione, nell’ambito della quale la divulgazione dell’informazione ambientale è stata finalizzata alla presa di coscienza da parte dei cittadini del bene ambiente. Una seconda fase, in cui la disponibilità dell’informazione ambientale è diventata un vero e proprio diritto dei cittadini comunitari, strumentale al principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

La partecipazione pubblica e l’accessibilità delle informazioni costituiscono, infatti, un tratto basilare delle politiche dell’UE in materia ambientale.

Con l’entrata in vigore della direttiva CE n. 2003/4, l’autorità pubblica è, quindi, tenuta a garantire l’accesso all’informazione ambientale, salvo eccezioni tassativamente indicate, e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione diventano gli strumenti preferenziali per assicurare che al riconoscimento normativo di tale diritto corrisponda una concreta riorganizzazione dei processi informativi e gestionali del settore pubblico.

6. – La direttiva INSPIRE

Con la successiva direttiva CE n. 2007/2 (cd. direttiva INSPIRE), la Comunità europea ha tentato di definire norme generali e regole tecniche per la realizzazione di una dimensione europea per la gestione dell’informazione territoriale, così da creare un bacino informativo comune tra i Paesi membri e uno strumento dinamico e condiviso per l’elaborazione di politiche comunitarie, soprattutto di pianificazione ambientale e di tutela del territorio. INSPIRE è l’acronimo di INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe, ovvero l’infrastruttura per l’informazione territoriale in Europa, definita in dottrina come il servizio realizzato da componenti di rete, hardware, software e di sistema in grado di offrire agli utenti (uffici dell’Amministrazione, province, comuni) sia la fornitura di cartografia di base che i servizi sui dati territoriali.

La creazione di un’infrastruttura per l’informazione territoriale comunitaria rappresenta, quindi, lo strumento per lo scambio, la condivisione, l’accesso e l’utilizzo di dati territoriali e di servizi relativi ai dati territoriali interoperabili tra i vari livelli delle pubbliche amministrazioni e tra i vari settori. 

L’interesse principale della direttiva è rivolto soprattutto alle politiche ambientali comunitarie e alle politiche o alle attività che possono avere ripercussioni sull’ambiente. La piena operatività delle disposizioni in essa contenute, prevista per il 2021, permetterà di combinare i dati georeferenziati da uno Stato membro all’altro con continuità e di condividerli, agevolandone la ricerca attraverso il web tramite servizi di rete che ne permettano l’utilizzo.

La direttiva INSPIRE ha trovato trasposizione normativa negli ordinamenti di tutti gli Stati membri della Comunità europea e la sua adozione è stata seguita dalla pianificazione di linee guida apposite.

Fra l’altro, la direttiva ha previsto che ogni Stato dell’Unione si dotasse di una propria infrastruttura nazionale per la gestione dell’informazione ambientale e diversi sono stati i progetti pilota e le strategie di responsabilizzazione degli enti interessati.

7. – Il dato ambientale nel codice dell’amministrazione digitale

In Italia, le direttive europee in materia di informazione ambientale, n. 2003/4 e n. 2007/2, sono state recepite, rispettivamente, con il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, che ha previsto una specifica disciplina per la raccolta e la gestione delle informazioni ambientali, e con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 32, che ha istituito il geoportale nazionale. 

Oggetto della disciplina del decreto 195/2005 sono le informazioni relative all’ambiente, ovvero ogni informazione disponibile in qualsiasi forma o contenuta in banche dati che riguardi lo stato degli elementi dell’ambiente, dunque, aria, acqua, suolo, siti naturali; fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni, le emissioni, gli scarichi nell’ambiente; le misure, anche amministrative, quali le politiche, i piani, gli accordi ambientali, e ogni altro atto che incida o possa incidere sugli elementi o sui fattori ambientali; la sicurezza e la salute umana. Queste informazioni ambientali devono essere detenute dalla pubblica autorità e, in caso di richiesta di accesso, devono essere messe a disposizione del richiedente entro 30 giorni dalla data di ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso di richieste particolarmente complesse. 

Il decreto 195 è stato emanato nello stesso anno del codice dell’amministrazione digitale, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 85, che, com’è noto, ha subito un recentissimo intervento di riforma ad opera del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217.

Il codice dell’amministrazione digitale è costituito prevalentemente di disposizioni di carattere generale volte alla digitalizzazione della P.A., ma contiene nello stesso tempo norme per la modernizzazione di settori strategici.

8. – L’art. 59 del CAD sull’informazione ambientale

Il suddetto codice menziona i dati territoriali e li definisce all’art. 59, comma 1, come «qualunque informazione geograficamente localizzata», con ciò facendo espresso riferimento alle informazioni relative, ad esempio, all’orografia ed idrografia del territorio, alla vegetazione presente sul territorio, agli edifici e alle costruzioni di qualsiasi tipo, ma non alla posizione geografica delle persone, né ai dati relativi all’ubicazione delle medesime.

In ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva INSPIRE, il successivo comma 3 dell’art. 59 del codice dell’amministrazione digitale stabilisce che «per agevolare la pubblicità dei dati di interessi generale, disponibili presso le pubbliche amministrazioni a livello nazionale, regionale e locale, presso l’AgID – l’Agenzia per l’Italia digitale – è istituito il Repertorio nazionale dei dati territoriali, quale infrastruttura di riferimento per l’erogazione dei servizi di ricerca dei dati territoriali, e relativi servizi, e punto di accesso nazionale […]».

Scopo della norma è quello di ovviare alla frammentazione dei dati detenuti dalle P.A. che, conseguentemente, determinano problemi di qualità e di coerenza che impattano in modo significativo sui numerosi procedimenti amministrativi che utilizzano tali dati.

9. – L’importanza della dematerializzazione del patrimonio informativo pubblico

In questo contesto, la dematerializzazione del patrimonio informativo delle amministrazioni assume un ruolo di fondamentale importanza, in riferimento al principio contenuto nell’art. 50 del codice stesso secondo il quale i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie ICT che ne consentano la fruizione e riutilizzazione da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dei privati.

I concetti chiave su cui il codice incentra l’attenzione sono, appunto, la disponibilità e la fruibilità delle informazioni pubbliche, ossia la possibilità di accedere ed utilizzare i dati senza restrizioni non riconducibili a norme di legge.

Ciascuna amministrazione deve, quindi, rendere disponibili i dati di cui è titolare in modalità digitale, pur se con alcune tassative limitazioni che attengono all’esercizio delle attività e funzioni di ordine e di sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale e consultazioni elettorali.

Il principio di disponibilità si pone, in tal modo, come articolazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa, di cui alla legge 241/1990, garantendo il diritto di accesso ai dati pubblici e semplificandone l’esercizio.

È da ricordare, peraltro, che, a seguito della più recente riforma della pubblica amministrazione, il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, noto come FOIA (Freedom of Information Act), ha reinterpretato il principio di trasparenza nel senso di ‘accessibilità totale’ ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, e il diritto di accesso cd. civico diviene un diritto fondamentale, che si estrinseca nella libertà di chiunque ad accedere alle informazioni pubbliche senza dover dimostrare di avere un interesse qualificato.

10. – Criticità legate al diritto d’accesso

Rimane comunque da osservare che, ad oggi, sussistono forti disomogeneità tra gli Stati membri nel settore dei dati territoriali, sia di natura giuridica sia di natura informatica: il diritto di accesso all’informazione territoriale non gode di una tutela sufficientemente diffusa, le regole che disciplinano lo scambio e la circolazione di informazioni tra autorità pubbliche variano a seconda del modello statale di organizzazione amministrativa, la gestione unitaria dei dati e la realizzazione di infrastrutture nazionali per l’informazione territoriale registrano stati di avanzamento diversi e queste condizioni determinano difficoltà oggettive di conduzione del processo di elaborazione delle politiche ambientali in modo integrato e di adozione di provvedimenti sufficientemente diversificati in ragione delle diverse realtà territoriali che la Comunità raccoglie.

In Italia, in particolare, il processo di adeguamento ha visto la nascita e lo sviluppo di un geoportale nazionale e di un’infrastruttura di coordinamento, ma manca una precisa indicazione dei termini e dei modi in cui avverrà l’implementazione delle disposizioni comunitarie.

Inoltre, lo stesso codice dell’amministrazione digitale stenta a decollare e le norme in esso contenute sono applicate in maniera disomogenea tra le diverse realtà nazionali e a livello degli enti locali.

Come emerge dal Rapporto sull’ambiente in Italia del 2012 ancora diversi sono i problemi irrisolti di un Paese che sfrutta in modo sbagliato ed eccessivo le risorse di cui dispone.

11. – Conclusioni

I diversi problemi a livello ambientale di cui ancora, troppo spesso, si sente parlare nel nostro Paese dovrebbero costituire la spinta per una maggiore e più efficace attenzione alle norme che tentano di disciplinare e tutelare il diritto di ognuno a vivere in un ambiente sano. Ed anche ad implementare le nuove tecnologie dell’informazione che, se correttamente utilizzate, potrebbero sicuramente aiutare a definire quelle che potrebbero essere le migliori strategie, non solo a livello nazionale, per una corretta gestione delle risorse a disposizione.

Non bisogna dimenticare, da ultimo, che oggi il concetto di ‘dato’ ha un ruolo fondamentale nell’assetto economico globale. La disponibilità dei dati e la loro corretta analisi può consentire non solo alle aziende, ma anche al settore pubblico, di sfruttare nuove opportunità di business e di offrire prodotti e servizi innovativi.

Il cambiamento digitale della società incide notevolmente sui percorsi decisionali e gestionali, per cui richiede un profondo ripensamento dell’idea stessa di organizzazione e il corretto uso della tecnologia rappresenta il mezzo strumentale alla creazione di valore nell’ambito dei servizi pubblici.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di dare concreta attuazione all’innovazione, per migliorare la qualità della vita, aumentare la competitività del sistema paese e i livelli di occupazione, garantendo al contempo, la sostenibilità dello sviluppo nelle sue articolazioni principali: ambientale, sociale ed economico.  

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L’articolo è stato pubblicato sulla rivista “Innovazione e diritto”, 3, 2019.

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